Cosa si nasconde dietro al problema dell’anoressia?
Chi soffre di questo disturbo solitamente non nutre di una buona stima di sé e fatica ad affrontare le situazioni nuove che si presentano in adolescenza e in età adulta. La persona che sviluppa questa patologia tende a conformarsi con l’idea di lei che le altre persone possono avere e può fare fatica ad esprimere sentimenti negativi, che gli altri non si aspetterebbero. E’ preoccupata dell’impressione che dà agli altri, dell’immagine che deve mantenere davanti alle altre persone e di ciò che pensa la gente.
L’astinenza è più semplice della moderazione. Sant’ Agostino
L’anoressia è una sorta di epidemia per il quale non esiste agente contagioso.
Si presenta come la ricerca implacabile di un’estrema magrezza, non per mancanza di appetito o per mancanza di interesse per il cibo.
Dal punto di vista della diagnosi operativa e quindi della terapia breve strategica l’anoressia, come disturbo psicologico, è una sorta di compulsione all’evitamento alimentare che si struttura a partire da una progressiva restrizione degli alimenti. Restrizione che funziona, tanto che la persona, via via, non puo’ più fare a meno di restringere il cibo.
A questo punto sorge spontanea la domanda: ” A cosa serve questa ossessivo controllo sul cibo?”
Non tanto a controllare il cibo in sé e per sé. E’ una sorta di sfida a dover mostrare abnegazione e disciplina, un controllo che permette di sentirsi più forti, in generale, sui veri problemi della vita.
E’ come se si stabilisse nella mente di chi soffre di questo disturbo, un’equazione erronea del tipo:
Controllo ben riuscito del cibo = controllo di ogni aspetto della vita, di ogni emozione e sensazione che puo’ perturbare.
La terapia breve strategica presenta un’efficacia e efficienza dell’83% nel trattamento dei disturbi alimentari. Nei centri di Rapallo, Piacenza e Castel san Giovanni mi occupo di questa problematica e applico il modello strategico.
Per informazioni ulteriori sul tema dell’anoressia vi invito a leggere il prossimo articolo che verrà pubblicato.
Quali sono le psicotrappole che avvelenano un rapporto di coppia?
Ecco qui, per chi non ha potuto partecipare, un sunto della Conferenza “Le psicotrappole della coppia”, tenutasi il giorno 8 luglio 2015 alla Libreria Postumia di Piacenza e condotta dagli psicologi e psicoterapeuti Massimo Botti e Elena Dacrema, specializzati in Terapia Breve Strategica ed affiliati allo Strategic Therapy Center di Arezzo, diretto dal prof. Giorgio Nardone.
Cosa sono le psicotrappole?
Le Psicotrappole sono le soluzioni che noi adottiamo davanti ad un problema di coppia e che manteniamo sebbene non funzionino, perché a furia di ripeterle, sebbene non abbiano effetto, diventano delle risposte automatiche.
Sono modalità di percepire e reagire alla realtà che, in sovradosaggio, divengono il veleno della coppia.
Possono essere individuate alcune Psicotrappole del Pensiero e alcune Psicotrappole dell’agire o, comunque, legate all’ambito della comunicazione tra partner.
Una psicotrappola del pensiero è l’inganno delle aspettative: restare passivi attendendo che l’altro realizzi i nostri desideri. Quando ciò non avviene, continuare ad aspettare può portare a peggiorare il rapporto. Una psicosoluzione sarebbe invece quella provare ad essere più flessibili ovvero cercare talvolta di osservare la realtà dal punto di vista del partner.
Altra psicotrappola è il cosiddetto “Lo sento quindi è”: ad esempio un partner inizia a pensare di essere tradito e cerca gli indizi per confermare la sua credenza. Una psicosoluzione, di contro, è assumere un atteggiamento scientifico, di ricerca di conferme ad un’ipotesi diversa ovvero all’ipotesi di poter essere apprezzato dall’altra persona.
Veniamo alle psicotrappole dell’agire e della comunicazione: un ingrediente letale nel dialogo tra partner è la puntualizzazione. Ad esempio, dico all’altro ciò che dovrebbe fare diversamente da quello che fa. In realtà errare è umano e …. una persona perfetta probabilmente risulterebbe estremamente noiosa a chiunque.
Altro ingrediente fallimentare è la recriminazione: attribuire colpe al partner, per quanto sia una forma corretta e legittima di chiarificazione, produce nell’accusato reazioni di ribellione. L’innocente diventa colpevole. Molto meglio restare nel qui ed ora evitando inutili dietrologie.
Perché è importante individuare le psicotrappole??? Perché, per cambiare qualcosa, prima di tutto devo individuare ciò che è sicuramente da evitare. Come dicevano gli antichi cinesi, se vuoi drizzare una cosa, impara prima tutti i metodi per storcerla di più!
Il Dott. Massimo Botti e la Dott.ssa Elena Dacrema utilizzano la Terapia Breve Strategica e si occupano di terapia di coppia e di consulenza e psicoterapia su problemi relazionali, amore, vita di coppia.
La psicoterapia e la consulenza di coppia prevedono degli incontri al fine di permettere ai membri della coppia stessa di trovare insieme un nuovo e più funzionale equilibrio. Svolgiamo anche consulenza al singolo per affrontare difficoltà relazionali o momenti di crisi con il partner.
Gli Psicologi e Psicoterapeuti Massimo Botti e Elena Dacrema, Ricercatori Associati presso il Centro di Terapia Strategica di Arezzo presentano il loro libro «Educazione strategica. Rimedi Strategici ad uso di genitori ed insegnanti alle prese con i ragazzi difficli». Sabato 30 maggio, ore 17. Salone Monumentale, Biblioteca Passerini-Landi.
Oltre ad illustrare casi concreti di intervento risolto, metteranno in evidenza alcune strategie efficaci alla soluzione delle più comuni problematiche infantili riguardanti la fascia che va dai 3 ai 14 anni.
Da quando si sono diffusi i Social Network, gli adolescenti utilizzano sempre più queste tecnologie per comunicare con gli altri ed avere informazioni sulle altre persone nell’ambito della loro rete sociale.
Le motivazioni che spingono adolescenti e giovani adulti ad utilizzare i Social Network sono le stesse motivazioni che solitamente spingono ad usare le tradizionali forme di comunicazione: stare in contatto con gli amici, fare progetti insieme, cercare di conoscere meglio le persone, presentarsi agli altri….dare una propria immagine di sè ..
L’adolescenza è un periodo della vita in cui il compito di sviluppo fondamentale è proprio quello di trovare un equilibrio tra l’autonomia e la dipendenza dagli altri. Internet e i Social Network sono contesti nuovi per riflettere sulla propria identità e per sperimentarne nuove forme, per imparare e tentare di mettere in atto nuove competenze sociali e per sentirsi parte di un gruppo.
Da certi punti di vista Internet, anche se è una forma di comunicazione diversa da quelle precedenti, facilita e forse intensifica i compiti di sviluppo degli adolescenti. Ad esempio, aumenta le occasioni di relazioni tra pari, allarga le opportunità di far parte di gruppi e aumenta le possibilità di confidarsi e aprirsi agli altri quindi, per certi versi, può contribuire al benessere dell’adolescente. Inoltre, soprattutto adolescenti con buone abilità sociali beneficiano dell’utilizzo di Internet. Ovviamente,
ogni pregio rovesciato su se stesso diventa un difetto e
ogni difetto rovesciato su se stesso può diventare un pregio…
quindi ci sono alcuni fattori di rischio nell’utilizzo dei Social: un’eccessiva tendenza, quasi una pressione, a par vedere e condividere la propria vita privata, fattore che aumenta la possibilità di avere feedback negativi dagli altri ed aumenta la possibilità di stabilire confronti “malsani”, ad esempio con modelli estetici o stili di comportamento da evitare.
In ogni caso, possiamo concludere che i Social non sono di per sè qualcosa di negativo, tutto dipende dall’uso che ne viene fatto.
Il testo è tratto dai i risultati di questo articolo:
Lauren A. Spies Shapiro, L. A. & Margolin, G. (2014). Growing Up Wired: Social Networking Sites and Adolescent Psychosocial Development. Clinical Child and Family Psychology Review. 17:1–18
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