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La paura delle decisioni

Elena Dacrema 16 Novembre 2017 Tag: , , , Blog
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Ciò che un soggetto fa per difendersi dalle proprie fragilità

gli si ritorce contro in virtù del suo successo.

Giorgio Nardone

 

Una questione che spesso i pazienti ci pongono è il timore di assumersi la responsabilità di decisioni importanti.

Nella nostra società, sempre più complessa e tecnologica, che offre molteplici possibilità di scelta, è ancora più difficile decidere tra le varie possibilità.

Questa difficoltà di assumersi la responsabilità delle decisioni il più delle volte dipende dall’incapacità di gestire paure, angosce e ansie.

Ogni decisione implica un rischio, una rinuncia. Per ogni “sì” deve esserci un “no”.

Già Aristotele, pensando alla decisione, immaginava un cane affamato incapace di scegliere tra due porzioni di cibo ugualmente invitanti.

E’ un’esperienza di confine: una scelta ne taglia fuori altre. Scegliere una donna, una scuola o una carriera significa escluderne altre.

Il fatto di decidere ci costringe a confrontarci con il territorio della PAURA: la paura di sbagliare, di non essere all’altezza, di esporci e di perdere il controllo, di essere rifiutati.

Chi fatica a decidere deve fare i conti con uno di queste problematiche che possono essere gestite, nell’ambito di una psicoterapia breve-strategica, analizzando e modificando i tentativi disfunzionali che le persone mettono in atto davanti al problema stesso. Ad esempio, se voglio evitare ciò che mi spaventa e rimando all’infinito le mie responsabilità, tentando di delegarle agli altri, volente o nolente, sto peggiorando la mia difficoltà a prendere decisioni, con lo svantaggio di decidere, comunque, di far decidere agli altri.

Proprio per questo, guai a prendere decisioni per il paziente, soprattutto se la sua difficoltà è decidere. Lo scopo è piuttosto aiutare la persona ad arrivare a sentire che, volente o nolente, ognuno di noi è responsabile se stesso. Attraverso il succedersi delle nostre scelte, azioni e fallimenti nell’azione, alla fine diamo forma a noi stessi. Purtroppo o per fortuna “siamo condannati alla libertà (J.P. Sartre).


Bibliografia

Nardone, G. (2014). La paura delle decisioni. Milano: Ponte alla Grazie.

Yalom, I. D. (2014). Il dono della terapia. Vicenza: Neri Pozza Editore.

Anoressia: significati e soluzioni

Elena Dacrema 1 Agosto 2017 Tag: Blog, Senza categoria
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“L’astinenza perfetta è più facile della perfetta moderazione”. Agostino da Ippona

L’anoressia  colpisce perlopiù individui di sesso femminile in età prepuberale e puberale. E’  caratterizzata dal rifiuto del cibo sulla base dell’idea di essere grasse. Idea che rispecchia però una percezione alterata del peso e del corpo: infatti i soggetti che ne soffrono non sono persone grasse ma prevalentemente ragazze che stanno sempre più dimagrendo.

Si stabilisce un fenomeno assurdo per cui più dimagrisco e più mi vedo grassa in quanto il dimagrimento elevato causa distorsioni percettivo-cognitive che portano alla persona a vedere il proprio corpo con una sorta di lente deformante.

Di recente si osserva come la grave sintomatologia restrittiva esploda molto rapidamente e con cali di peso vertiginosi nell’arco di pochi mesi: La maggioranza delle ragazze che riescono a mandare avanti questo stile restrittivo oppure la sua variante (abbuffate con vomito o  compensazione con esercizio), a causa delle conseguenze del problema, si chiudono in isolamento che conduce la patologia a peggiorare ulteriormente.

Centrale nell’anoressia è la dimensione del rifiuto che può avere varie funzioni:

  • Il rifiuto può essere una domanda di “qualcosa” a “qualcuno”: l’anoressia nella sua forma isterica/nevrotica orchestra il rifiuto come un desiderio di essere a propria volta desiderati/tenuti in considerazione dall’altro (ad es. il genitore).
  • Il rifiuto come difesa dalla pulsione – infatti il calo ponderale provoca nel soggetto una sorta di anestesia affettivo-emotiva, una sorta di armatura protettiva dalle emozioni.
  • Il rifiuto come modalità di separazione: attraverso il “NO!” al cibo e a tutto ciò che è piacevole la persona ha l’illusione di essere totalmente indipendente dall’altro.
  • Rifiuto nella funzione di godimento: l’anoressica nevrotica dell’insoddisfazione/privazione che si provoca.

Al di là dei significati, spesso però la vera conoscenza del problema è la sua soluzione.

A livello di trattamento, la psicoterapia per l’anoressia giovanile ( che si sviluppa dalla giovane età fino ai 19 ani) richiede un intervento che coinvolga direttamente i genitori, nel caso dell’anoressia adulta invece è più funzionale un processo terapeutico individuale.


Riferimenti Bibliografici

Cosenza D. (2008), Il Muro dell’Anoressia. Casa ed. Astrolabio – Ubaldini Editore, Roma.

Nardone G., Portelli C. (2005), Knowing through changing: The evolution of brief strategic therapy, Crown House Publishing, Glasgow.

Nardone G., Valteroni E. (2017), L’anoressia giovanile, Ponte alle Grazie, Milano.

I dieci comandamenti per evitare il burnout della coppia

Elena Dacrema 19 Luglio 2017 Tag: , , , Blog
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Il seguente testo è parzialmente tratto dalla traduzione dell’articolo di Ayala Pines, psicologa della Ben-Gurion University in Israele. Questa psicologa ha scritto vari libri sull’amore tra cui “Falling in Love: Why We Choose the Lovers We Choose (1999) e nell’articolo “Ten Commandments for AVOIDING COUPLE BURNOUT” ci offre delle indicazioni per evitare di portare la coppia alla parola “fine”.

  • Il burnout di coppia è causato da una eccessiva discrepanza tra aspettative irrealistiche e le vicissitudini della vita. Capire questa discrepanza può aiutare a cercare di cambiare la situazione che ha causato l’esaurimento della coppia.
  • L’esaurimento dell’amore è un processo graduale. Raramente ha un inizio improvviso, piuttosto c’è un lento diminuire dell’intimità e dell’amore. E’ importante identificare l’inizio del burnout prima di arrivare al punto di rottura, quando uno o entrambi i partner dicono: “Non ce la faccio più”.
  • L’amore romantico non è una fiamma eterna. Se non lo alimentiamo, presto o tardi si esaurisce.  E’ importante riaccendere la piccola fiamma che brucia piuttosto che aspettare che le scintille siano esaurite completamente.
  • L’esaurimento della coppia non è inevitabile:  ci sono coppie che vivono un amore romantico e che si sostengono a vicenda anche dopo molti anni. Ciò che favorisce questo tipo di legame è il fatto di sentirsi completamente accettato ed amato dall’altro e il fatto che il partner dà il suo massimo supporto per il raggiungimento del pieno potenziale dell’altro.
  • Le coppie felici parlano di qualsiasi cosa e investono nella qualità e quantità della comunicazione con il partner.
  • Il contrario dell’esaurimento è costituito dalla crescita e dalla varietà. E’ importante che i partner vadano oltre modelli di comportamento abituali e che continuino a crescere insieme in varie sfere della vita.
  • Se vuoi che il tuo partner sia amorevole e coinvolgente, trattalo come se lo fosse in modo da creare un profezia che si autorealizza tirando fuori queste caratteristiche dal partner stesso.
  • La nostra saggezza inconscia ci dirige ad innamorarsi con la persona più appropriata a lavorare sui nostri irrisolti problemi infantili. Perciò, le cose che ci attraggono di più quando ci innamoriamo inevitabilmente diventano le cose che con più probabilità causano il burnout. Quando il partner ti fa infuriare, ricorda che quello è il lato capovolto della qualità che ti ha fatto innamorare.

Tratto da:

http://www.tencommandmentsforcouples.com/samples/Pines.pdf

 

Il Bullismo

Elena Dacrema 11 Luglio 2017 Tag: , , Blog
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Il 17  e il 23 maggio 2017 io e il mio collega Psicoterapeuta Breve Strategico, Dott. Massimo Botti, abbiamo svolto due incontri sul bullismo in provincia di Piacenza, a Castel San Giovanni (PC), grazie alla collaborazione dell’Associazione Martial Sport Life.

In quest’articolo farò riferimento ai contenuti più importanti illustrati negli incontri.


Che cos’è il Bullismo?

Lo studioso Olweus fu uno dei primi ad occuparsi di questo fenomeno e lo definì in tal modo: “Uno studente è oggetto di azioni di bullismo, ovvero è prevaricato o vittimizzato, quando viene esposto, ripetutamente nel corso del tempo, alle azioni offensive messe in atto da uno o più compagni”. (Olweus, 1995).

Il bullismo può essere diretto (far del male o danneggiare qualcuno direttamente, con prepotenze fisiche, verbali o danni a cose) o indiretto (con dicerie o con l’esclusione, isolamento). Vi è inoltre anche il cyberbullismo che sfrutta la trasmissione elettronica, via sms, mms, video e Internet per realizzare modalità di oppressione o estorsione.

Le caratteristiche del bullismo sono le seguenti:

  • l’Intenzionalità di far del danno/ferire/offendere;
  • la Persistenza nel tempo (sono azioni ripetute);
  • L’Asimmetria nella relazione (nella relazione c’è uno più forte e uno più debole).

I ragazzi propendono più per offese fisiche ed insulti diretti, mentre le femmine utilizzano maggiormente l’aggressività indiretta, però attualmente capita che anche le femmine agiscano bullismo diretto in gruppo contro una compagna individuata come brava a scuola o con più successo sentimentale.

Come si presenta la personalità del bullo?

Il bullo solitamente è un soggetto scarsamente empatico, con una forte motivazione al dominio e alla prevaricazione. A dispetto di ciò che si potrebbe supporre, non è un soggetto insicuro, anzi, ha un alto livello di autostima, si sente forte e superiore agli altri.

Come si presenta la personalità della vittima?

La vittima è un individuo con una personalità più debole della media dei coetanei e del bullo in particolare, può essere ansiosa, insicura, sensibile, prudente, tranquilla e fragile. Può avere una bassa autostima, essere esclusa dal gruppo dei pari e ricercare la protezione negli adulti. Spesso le vittime non eccellono negli sport e possono aver paura di farsi male. Tendono a non parlare di quello che subiscono perché si auto-colpevolizzano.

Quali sono le cause?

Le cause sono ricercabili non solo nella personalità del bullo ma anche nei modelli familiari sottostanti e negli stereotipi imposti dai mass-media. Per quanto riguarda i modelli familiari, si può notare una eccessiva tolleranza educativa da parte dei genitori i quali tendono a privilegiare uno stile permissivo, connotato da molto affetto ma poche regole.

 

Bibliografia

Olweus D.Bullismo a scuola. Ragazzi oppressi, ragazzi che opprimono. Giunti, Firenze 1995.

 

La paura patologica

Elena Dacrema 20 Maggio 2017 Tag: , , Blog
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Troppi di noi non vivono i loro sogni perché stanno vivendo le loro paure.
Anonimo

 

I disturbi basati sulla paura sono tra i più diffusi tra le patologie umane, ci basta pensare il 20% delle persone ne soffre (Organizzazione Mondiale della sanità – dati riferiti al 2000).

Sono problematiche che possono assumere varie forme: la paura di perdere il controllo ed impazzire, le fobie relative ad animali o oggetti, la paura delle malattie, la paura di volare, l’agorafobia, la claustrofobia e tante altre.. Ogni problematica ha una sua peculiarità ma anche un minimo comune dominatore che consiste nel meccanismo che porta a strutturare ed aggravare il problema. In altre parole, chiunque soffra di un disturbo fobico – basato sulla paura – mette in atto alcuni tentativi di soluzioni disfunzionali: l’evitamento, la richiesta di aiuto e il controllo che fa perdere il controllo.

Questi tentativi di soluzione sono vere e proprie psicotrappole: la persona, evitando, si costruisce passo dopo passo la patologia in cui rimane imprigionata: ogni evitamento prepara quello successivo; se non riesce ad evitare chiede aiuto ad altri e sviluppa in questo modo dipendenza dall’aiuto altrui. Inoltre il fatto di tentativo di mantenere il controllo fa perdere il controllo stesso creando una sorta di tilt per quanto riguarda i parametri psicofisiologici (battito del cuore, sudorazione, respiro…).

Esistono diversi gradi di severità dei disturbi: lieve, quando il soggetto subisce la paura in determinate condizioni minacciose; media, quando il soggetto è travolto dalla paura di fronte a condizioni spaventose ma al di fuori di queste vive in modo normale; severa, quando la paura è invalidante fino a trasformarsi in panico.

Una terapia realmente efficace ed efficiente per i disturbi fobici deve essere focalizzata sull’interruzione del circolo vizioso che il soggetto alimenta attraverso le sue tentate soluzioni disfunzionali, non sulla spiegazione di ciò che il soggetto sbaglia, in quanto la paura è una reazione immediata e la ragione non è in grado di controllarne la reazione.

La terapia breve strategica permette di guidare la persona a guardare in faccia la paura senza restarne paralizzati attraverso opportune tecniche efficaci e replicabili ed ormai considerate le strategie elettive per i disturbi d’ansia e i disturbi di panico.

Bibliografia

Nardone, G. (1993). Paura, Panico, Fobie. Firenze: Ponte alle Grazie

Nardone, G. (2000). Oltre i limiti della paura. Milano: Rizzoli.

Nardone, G. (2003). Non c’è notte che non veda il giorno. Milano: Ponte alle Grazie.